Segnali assai contrastanti dagli ultimi dati occupazionali prima dei payrolls di domani.

Seduta davvero insolita, quella di ieri (martedì) a Wall Street. L’S&P 500, reduce da 3 sedute positive consecutive e 2 record, ha consolidato marginalmente, cedendo lo 0.11%. Ma dietro questa variazione marginale si nasconde una price action davvero dinamica. Infatti ben 378 titoli su 500 dell’indice ha mostrato performance positiva, mentre l’S&P 500 Equal Weight ha chiuso in progresso dell’1.12%. Crise di Bloomberg riporta che è solo la quarta volta, dal 1990, che l’S&P 500 equal weighted sale dell’1% o più, con l’S&P capital weighted in negativo. Si può senz’altro dire che la breadth, che finora, nel corso del rimbalzo dai minimi di aprile,  non era stata granchè entusiasmante, è decisamente migliorata, il che di solito è un segnale in direzione di una sostenibilità del movimento. Ma lo stesso Crise osserva che l’ultima volta che abbiamo visto questo tipo di divergenza, è stato nei pressi del massimo relativo di luglio 2024, che fu seguito da un consolidamento di qualche settimana, per un 10% di drawdown. Naturalmente qui non possiamo nemmeno parlare di un campione significativo. E’ annedottica.
E’ un fatto però che ieri i winners del recente passato, ovvero tech e growth, sono stati massacrati, come mostra l’indice US Momentum, in calo del 5.15% in chiusura (vedi sotto). Non a caso il Nasdaq 100 ha ceduto lo 0.89%, il Nasdaq composite lo 0.82% e le Mag 7 l’1.48%, anche se qui c’entra anche il tonfo di Tesla dopo la ripresa delle ostilità tra Musk e Trump.


E’ come se inizio mese avesse scatenato una mega presa di beneficio su quanto aveva guidato il rimbalzo, per andare su altri settori, finora meno brillanti, ma eventualmente favoriti da una Fed più dovish (leggi Small Caps, col Russell 2.000 +1.03%). Sicuramente una sector rotation importante, che potrebbe continuare nei prossimi giorni.

Come già detto ieri, il Big, Beautiful Bill è stato approvato in Senato con una maggioranza risicatissima. Ora la medesima versione deve essere approvata alla House of Reps, ma la comparsa di alcuni Congressman che avevano votato a favore del bill originale, ma ora sono contrari a quello modificato da parte del Senato, ha fatto apparentemente rinviare un voto che doveva avvenire oggi, a domani ( Link   House GOP fumes over Senate megabill: ‘How did it get so much f‑‑‑ing worse?’)

Il newsflow sul trade per contro è stato misto in nottata, con Bessent a dichiarare che un deal con l’India è vicino, e Trump a sostenere che il Giappone si merita dazi al 30-35% alla luce dell’enorme surplus commerciale verso gli USA. Il Presidente ha detto anche che la deadline potrebbe rimanere rigida e che forse invierà un numero discreto di lettere ad altrettanti paesi per annunciargli i nuovi terminidi trade a cui dovranno attenersi.
link Japan faces ‘30%-35%’ tariff as Trump doubts deal by deadline
link Trump Sticks With July 9 Tariff Deadline While Criticizing Japan

La seduta asiatica, su queste basi, ha avuto un tono ancora contrastato. Tokyo non ha gradito, ovviamente, e ha ceduto un po’ insieme a Mumbai, Seul e Jakarta. Positive per contro Hong Kong, HSCEi, Vietnam e Sydney. Pressochè invariate Shanghai, Shenzen, Taiwan. In generale una seduta tranquilla, con nessuna variazione che ha ecceduto lo 0.7%.
sul fronte macro, di significativo solo le retail sales di maggio, deludenti in Australia, e sorprendentemente forti a Hong Kong.

La seduta europea è partita con un tono positivo, non fosse altro perchè l’€ ha al momento arrestato la sua corsa, tornando sotto 1.18 vs $. I rendimenti europei coerentemente hanno aperto la seduta in lieve rimbalzo.
Sul fronte macro solo i dati di disoccupazione in Italia ed EU per maggio. Ad un primo sguardo, direi che quello italiano, balzato su di 0.4% rispetto ad un aprile rivisto al rialzo di 0.2%, ai massimi da giugno 2024, deve essere stato soggetto a qualche distorsione (o lo erano i dati precedenti) che ha impattato quindi anche il dato EU, spedendolo sopra attese.

In mattinata abbiamo assistito ad un nuovo dramma di finanze pubbliche in UK. Ieri sera il Premier Starmer ha dovuto ridurre di parecchio i tagli nel progetto di riforma del welfare, per ottenerne l’approvazione. Questa manovra apre apparentemente un nuovo buco nelle finanze pubbliche UK (6 bln £ secondo alcune stime), che andrà colmato con il budget autunnale. Il brusco annacquamento della riforma ha fatto vacillare il Ministero delle Finanze, con Starmer che non ha dato immediato supporto al Cancelliere dello Scacchiere Reeves, cosa che ha accentuato il selloff dei Gilt, con il long end arrivato a salire di 20 bps. Il timore è che la politica fiscale UK diventi ancora più disancorata dalle risorse disponibili, e che in autunno si apra una nuova crisi fiscale come quella che ha visto protagonista il governo Truss nell’autunno del 2022. Calo anche per la Sterlina, e sottoperformance della piazza di Londra. La fiammata di rendimenti in UK ha contagiato anche quelli europei, sia pure con variazioni decisamente più modeste.

I dati sul mercati del lavoro USA in pubblicazione nel pomeriggio non erano dei pesi massimi (quelli arrivano domani), ma hanno dato parecchio da discutere.


Il Challenger Job Cuts, che a febbraio e marzo era esploso, segnalando tagli rispettivamente per 172.000 unità (+102% rispetti a 12 mesi prima) e 275.000 unità (+204%  ) e ancora ad aprile e maggio segnalava più di 100.000 tagli al mese, a giugno è calato a 48.000, con un calo di 1.6% rispetto a 12 mesi prima. Ergo, un mercato del lavoro resiliente, e un dato in linea con quanto mostrato dai job openings ieri, anche se quelli erano per maggio. Messaggio chiaro no? Macchè.
L’ADP survey di giugno, rilevazione dei posti di lavoro creati nel settore privato, ha marcato una discesa di 33.000 unità, il primo calo da quello, isolato, del marzo 2023, avvenuto in occasione del fallimento della Silicon Valley Bank e relativa crisi delle banche regionali. Per trovarne un altro negativo bisogna andare al luglio 2020.
Ecco un dato occupazionale veramente brutto. Ma che farne?
In fin dei conti, a maggio l’ADP ha segnalato 37.000 nuovi occupati (poi rivisti oggi a 29.000) ma i payrolls ufficiali del BLS (Bureau of Labour Statistics) sono poi usciti a 139.000, oltre 100.000 in più. In generale, il recente track record dell’ADP nell’anticipare i payrolls è scarso. Per cui diciamo che il numero disastroso di oggi non è che un warning, in parte bilanciato dal  Challenger job acts, esso stesso non un report irreprensibile visto che le ondate di licenziamenti riportati nei primi mesi del 2025 non è che si sono riflessi in payrolls terribili. L’impressione è che a queste survey rispondano sempre meno aziende e famiglie e quindi i campioni stanno perdendo di significato.
E infatti il mercato ha reagito ben poco. Futures USA a tratti in negativo, un balzo del treasury poi ritracciato interamente. Questo è stato tutto.
Wall Street è partita con un marginale passivo, ma poi, complice l’annuncio da parte di Trump del raggiungimento di un accordo con il Vietnam, si è issata in positivo e ha accumulato moderati progressi. (*TRUMP SAYS HE REACHED A TRADE DEAL WITH VIETNAM). Naturalmente quest’ annuncio è piaciuto anche all’azionario europeo, anche se l’effetto è stato successivamente un po’ frenato dai dettagli: le importazioni vietnamite pagheranno dazi del 20%, mentre se sembrerà che i beni provengano da altri paesi (per fare l’esempio più rilevante, Cina) e quello in Vietnam sia solo un passaggio intermedio, i dazi saliranno al 40%. Quindi non proprio condizioni vantaggiosissime, e infatti le varie Nike, Adidas, Lululemon e Deckers Outdoor, che producono li, hanno restituito il balzo iniziale.

Le borse EU chiudono comunque con progressi apprezzabili, attorno al mezzo punto per i principali indici. Male l’azionario UK, in particolare il FTSE 250, ovvero le aziende di medie dimensioni, piuù legate all’economia interna.
I rendimenti salgono in Eurozone, un po’ per via del sentiment, un po’ in simpatia col volo di quelli UK. L’€ si assesta marginalmente, interrompendo, se il livello si confermerà in chiusura, una serie di 8 rialzi consecutivi. Eventualmente, a frenarlo ha contribuito un po’ dal calo della Sterlina, contro un Dollaro che comunque, in termini di Dollar Index, non sale nemmeno oggi, e al momento sta inanellando l’ottavo calo in 9 sedute.
Robusta peformance delle commodities oggi, trainate da un petrolio insensibile a scorte ben sopra attese, ma con buoni rialzi anche per rame, ai massimi da fine marzo, e metalli industriali e preziosi in generale.
Dopo la chiusura continentale, l’S&P 500 continua a navigare in progresso di 3 decimali 8e quindi in area nuovo record) ma il “momentum” continua a essere penalizzato, sia pure molto meno di ieri.
Domani ci divertiamo con il labour market report USA di giugno, e l’ISM services, prima del week end lungo in US che ammazzerà l’attività venerdì.